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Oltrepassati i blocchi della sicurezza, quasi come in aeroporto, per accedere al Palazzo della Regione di piazza Piemonte a Torino, di fronte alla strabordante vivacità coloristica del pannello realizzato da Ugo Nespolo, attendo i relatori del convegno sul gioco d’azzardo, organizzato per l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte. Sfoglio le pagine web del sito www.noneunbelgioco.it e quanto disposto dalla legge regionale 19/2021 sul gioco d’azzardo patologico. La legge nazionale pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 (18 marzo 2017) all’art. 28 inserisce il disturbo da gioco d’azzardo nei livelli essenziali dell’assistenza del Servizio Sanitario Nazionale.

Gaetano Manna, responsabile regionale per l’area Welfare Dipendenze e salute mentale, sottolinea la necessità di cambiare il mondo di raccontare, lo “storytelling”. L’esaltazione del singolo vincitore, del locale dove si è acquistato il biglietto vincente lascia in ombra quanti perdono.

Chiara Rivoiro, ricercatrice Ires, ritiene fondamentale un discorso di rete. Le evidenze scientifiche a livello internazionale, le buone pratiche vanno traslate al decisore in modo da orientare la normativa del settore. Vanno sensibilizzati i docenti delle scuole, il personale nell’ambito socio sanitario, i commercianti, il livello bancario. «Dopo l’evento pandemico, il malessere diffuso nella popolazione è aumentato sotto forma di dipendenze, di tasso di suicidi».

Luisa Mondo, epidemiologa, racconta un episodio di vincita in Texas di una lotteria. La cifra ingente permetterebbe al vincitore di farsi curare dalla malattia di cui è affetto senonché la vincita non viene pagata tutta insieme, bensì si rivela come un’entrata mensile, commisurata all’entità del salario della persona.

Michele Marra Castilla quantifica in otto miliardi e mezzo quanto registrato dall’agenzia di dogane e monopoli nel 2022. Il 15 per cento, circa 650 milioni vanno per metà all’erario, per metà ai concessionari. La legge nazionale aveva stabilito un distanziometro, distanza minima di sicurezza dai locali di gioco p. es. con le scuole, orario di apertura. Durante la pandemia si è registrato un crollo del gioco fisico mentre è cresciuto il gioco “on line”.

Cosimo Finzi di Astraricerche considera come chi gioca su piattaforme digitali tenda a spendere di più e chi è circondato da amici che scommettono tenda a scommettere più spesso.

Enrica Zanetto e Marzia Lydia Spagnolo provano a delineare i fattori che caratterizzano il disturbo da gioco d’azzardo: psicologico individuale, socio ambientale (l’offerta di gioco slatentizza la vulnerabilità), educativo (genitori che giocano al “Gratta e vinci” legittimano il gioco nella cultura famigliare), neurobiologico. La dopamina è alla base delle dipendenze, come emerge dallo studio di apprendimento e memorizzazione dell’associazione tra stimoli. L’accensione di una luce verde prima della somministrazione dello sciroppo suscita nel primate già la produzione di dopamina. Aumenta anche con l’accensione di una luce blu, a cui corrisponde la somministrazione di sciroppo una volta su due, legata all’incertezza. Una distorsione cognitiva è l’illusione del controllo, il giocatore crede che il risultato del gioco dipenda dalle sue competenze (e non dal caso), «ritiene di avere un metodo infallibile». Una correlazione illusoria si instaura nell’acquistare un biglietto dove la fortuna è già stata elargita. Memoria selettiva è il fenomeno per cui resta impressa l’emozione della vincita più che la sequenza delle perdite.

Sara Rolando di Eclectica, parte dall’espressione «per me era soltanto un vizio». Una minima percentuale di chi soffre del disturbo da gioco d’azzardo, un dieci per cento circa, richiede un aiuto professionale; la maggior parte delle richieste d’aiuto emergono quando il problema è molto avanzato. Inoltre, la richiesta è per lo più eterodiretta. Una barriera al trattamento è lo stigma, il giocatore problematico viene definito come mancante di autocontrollo, come irresponsabile. L’autostigma e la vergogna conducono all’isolamento, il giocatore interiorizza la visione di dubbia moralità. Viene accusato dai parenti più stretti come inaffidabile. «Devo essere io ad avere più forza di volontà», sostiene un paziente torinese di 43 anni. Non vale lo stereotipo sulle dipendenze per cui toccare il fondo aiuterebbe ad uscirne.

Caterina Raimondi, Azienda Sanitaria di Novara, descrive gli stati psicologici e le diverse terapie sperimentate: 1. Psicoterapia cognitiva e comportamentale, identificazione dei fattori scatenanti; 2. Terapia motivazionale, riduzione della resistenza al cambiamento; 3. Psicoeducativa, reimparare la gestione del denaro, rigestire tempo libero e relazioni sociali; 4. Mindfullness; 5. Psicofarmacologia specifica, Naltrexone e stimolazione cerebrale per favorire la diminuzione del desiderio irresistibile o “craving”, tDCS (stimolazione transcranica a corrente continua) o rTMS (stimolazione magnetica transcranica); 6. Trattamento residenziale, allontanare dalla vicinanza abitativa ai luoghi abituali di gioco.

Roberto Fiorini illustra l’attività di “peer education” svolta nelle scuole. Silvia Venuti riepiloga i dati dell’Ufficio stampa. Si sono sensibilizzate 1600 farmacie, 2700 Medici di Medicina Generale, 520 sale gioco, 2546 punti gioco. Si sono organizzati sessanta incontri, si è volantinato in 44 piazze e si sono organizzati tre spettacoli teatrali di cui uno a Cuneo al Teatro Toselli il 23 aprile scorso con intervento di Paolo Jarre e la testimonianza di Nicola Fagioli, calciatore della Juventus.

Piergiacomo Oderda

 

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